“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”

Art. 54 della Costituzione Italiana

venerdì 6 novembre 2015

Una città a rischio alluvione: quello che sappiamo



Proponiamo qui un approfondimento della situazione relativa al rischio alluvioni nel nostro territorio, di quello che andrebbe fatto, di quello che non è stato fatto. Il nostro vuole essere uno studio aperto al contributo dei cittadini. Chiediamo quindi  a chi volesse di inviarci materiale e considerazioni. La foto si riferisce all'alluvione del 2014.

Stanno sottovalutando il problema.  Le azioni intraprese sono insufficienti: più che fatti concreti abbiamo visto dichiarazioni sui giornali. Prova ne sia che la situazione dei fossi e del sistema fognario è esattamente la stessa di un anno fa, quando si è verificata l’alluvione del 27 novembre 2014. Non a caso, sebbene in modo ridotto, si sono verificati di nuovo allagamenti, paure, disagi, interventi d’urgenza. Come un anno fa, non abbiamo un Piano di Emergenza Operativo che guidi in modo razionale e sicuro le azioni di intervento in caso di calamità.
Questo è il quadro della situazione e delle precise responsabilità del governo Bacheca. Sta negli atti della giunta e degli uffici, per cui ogni parola a difesa del proprio operato da parte della maggioranza si scontra con la realtà dei fatti: nessun intervento previsto né attuato per migliorare la situazione della rete fognaria nei punti di storica criticità, mentre per quello che riguarda i fossi, siamo ancora alle fasi di studi e progettazioni preliminari. In un anno nessun intervento significativo, nemmeno di pulizia, sebbene 70mila euro di soldi stanziati in bilancio.

1. La criticità del sistema fognario
Cominciamo dal sistema fognario, perché nel corso del nubifragio di mercoledì 28 ottobre 2015 i fossi hanno retto, ma a saltare sono stati i tombini. La ragione di questo è nota agli amministratori. 
Lo sa il sindaco, che fa politica a Santa Marinella da 20 anni, lo sanno gli architetti in giunta – che hanno progettato e costruito case in questo territorio: il problema sta anche nella canalizzazione delle acque nere e bianche. In altri termini nelle fogne.
Un sistema virtuoso e sicuro per prima cosa dovrebbe essere separato: da una parte tubi che portano via gli scarichi domestici (le acque nere), da una parte tubazioni che portano via le acque pluviali, quando non c’è più la terra ad assorbirle, quando la terra è ormai coperta da strade, cortili, parcheggi, tetti e grondaie. Ovviamente queste tubazioni di acque bianche devono essere correttamente dimensionate (e ci devono essere dietro studi e calcoli), perché se sono insufficienti scoppiano al momento di massima portata. Tanto più scoppiano se invece di essere separate, si mischiano alle acque nere in un sistema definito “misto”. Ebbene i nostri amministratori sanno che la rete fognaria di Santa Marinella è per la maggiora parte, appunto, mista e guarda caso lo è nei punti che il 28 ottobre si sono allagate.
Lo è sul lungomare Marconi, lo è sul tratto di Via Aurelia centrale (davanti alle poste, per capirci), e in generale nei quartieri a costruzione meno recente.
Su via IV novembre invece il problema è un altro. Le acque bianche sono separate, ma chiaramente il collettore è troppo piccolo ormai per smaltire le piogge torrenziali, se non altro perché fino a dieci anni fa in quel quartiere c’erano molte villette con giardino, ed invece ora ci sono molti palazzi con grondaie, parcheggi, cortili. Insomma pioggia che non trova un terreno per essere assorbita, ma cemento o asfalto su cui correre.
Questa situazione è nota agli amministratori della maggioranza Bacheca, come dovrebbe essere noto il fatto che ormai, vista la tropicalizzazione del clima, dobbiamo aspettarci nubifragi in ogni stagione. E ogni anno.
Questa situazione è nota e amministratori prudenti, rispettosi e preoccupati di difendere i cittadini dovrebbero programmare interventi sul sistema fognario, almeno sui tratti di maggiore criticità. Oltre al lungomare, al centro, a via IV novembre, si sa benissimo che si allagano pure le parti basse di via Valdambrini e via dei Fiori, la Quartaccia in molti punti e soprattutto alla confluenza di via Ponte Nuovo (lì una casa viene sistematicamente allagata ogni volta che piove un po’ di più). A questo si aggiunga il ponte di via Lazio, e il sottopasso ora pedonale cosiddetto “dei carabinieri”, che diventa un lago. E altre situazioni che, in quanto professionisti dell’edilizia, almeno tre assessori conoscono bene.

Situazioni note, ma anche situazioni che la maggioranza per ora non ha inteso affrontare con opere strutturali e definitive. A parte il fatto che se la Gesam pulisse con regolarità le strade, la pioggia non accumulerebbe foglie e sporcizia, i problemi più grandi non stanno nelle griglie o nei tombini in sé (dall’estate la squadra comunale composta da due operai, ha realizzato circa 200 interventi). Il problema sta nel sistema fognario e nel programma triennale delle opere pubbliche c’è un importante investimento per realizzare fognature a Perazzeta (visto che non ci sono), ma per il resto non è previsto nulla.
Forse i nostri amministratori ritengono che un po’ di acqua in cantina e un po’ di disagi nei giorni di forte pioggia debbano essere sopportati dai cittadini, piuttosto che risolvere in modo strutturale i problemi con investimenti che vanno sottoterra e che nessuno vede. E poi è sempre meglio investire soldi in festicciole estive di paese che rifare le condotte fognarie nei punti critici. Così forse pensano gli amministratori che non sono responsabili, a nostro giudizio.

2. Fossi e fragilità idrogeologica, il nostro punto debole

Sulla fragilità idrogeologica di Santa Marinella ormai sappiamo tutto.
Lo sappiamo dopo gli eventi del ’81 e del ’96. Lo sappiamo dopo il cosiddetto “studio Margaritora” del ’98 (che ha analizzato tutto il territorio e ipotizzato varie soluzioni). Lo sappiamo attraverso studi intermedi da parte di geologi, o di associazioni, lo sappiamo perché conosciamo il nostro territorio: numerosi torrenti scendono da colline ripide e prendono nella corsa velocità, attraversano terreni argillosi e franosi, colline brulle dove per lo più mancano alberi a trattenere la pioggia, arrivano in un tratto urbano dove sono per lo più strozzati o tombati dalle costruzioni, oltre che insozzati dagli incivili che ci buttano rifiuti ingombranti. Se tutto va male, esondano. Pure dove meno te lo aspetti, come ad esempio il fosso di Ponte nuovo lo scorso anno, fosso mite fino a quando non ha gravemente danneggiato due aziende floricole nel giro di tre ore.
La situazione è nota, eppure nei sette anni e mezzo di governo che Bacheca si lascia alle spalle gli interventi sui fossi sono stati pochi e non strutturali. Paradossalmente sono stati pochissimi proprio nell’ultimo anno, dopo l’alluvione del 27 novembre 2014.
Che cosa si è fatto da allora?
Sono state rimessi in sicurezza le foci dei due fossi esondati. Sono stati messi in bilancio prima 43mila euro, poi 70mila per la pulizia dei fossi, che però non sono stati spesi.
E’ stato affidato uno studio a tre geologi esperti del territorio per un “censimento e analisi delle opere di manutenzione idraulica da realizzare sui fossi”.
Successivamente (lo scorso 20 luglio) agli stessi geologi è stata affidata la realizzazione di uno studio preliminare per la messa in sicurezza dei fossi più grandi e più pericolosi: Ponton del Castrato e Castelsecco. Meno male, ma doveva essere fatto prima. Meno male, ma per ora è solo uno studio preliminare.
Meno male, ma dopo un anno da un grave nubifragio, si ha proprio l’impressione che con i fossi stiamo ancora a “carissimo amico”, per dirla con la lingua dei nostri anziani.


3. La questione del PEC

La sigla significa Piano di Emergenza Comunale. E’ un documento indispensabile che però è un corpo vivo; deve essere aggiornato al cambio della situazione. Infatti nel PEC c’è scritto come un Comune si deve muovere quando è in atto un’emergenza (terremoti, alluvioni, incendi, diffusione di sostanze chimiche pericolose, ecc.): chi si deve muovere (con tanto di numeri di telefono), dove stanno i mezzi che servono, chi li guida, dove stanno eventualmente le tende o gli altri mezzi del soccorso, dove il luogo di raccolta, dove la centrale operativa, come funziona, che succede se si interrompono i contatti, chi contatta le scuole o gli ospedali e per fare cosa ecc. Insomma il Piano organizza, razionalizza e velocizza le azioni per affrontare l’emergenza.
La legge n. 100 del 12 luglio 2012 ha reso obbligatorio il PEC e Santa Marinella è dal 2012, guarda caso, fuori legge. Proprio noi che abbiamo avuto i morti con l’alluvione dell’ 81, abbiamo la maglia nera del comprensorio, visto che Civitavecchia, Allumiere e Tolfa hanno approvato e presentato il Piano in Regione.

Ora una recente legge Regionale ha ribadito l’obbligatorietà del PEC e obbligato i Comuni, che lo avessero approvato prima del luglio 2014, ad aggiornarlo. A quelli che lo hanno approvato dopo, spetta solo il compito di aggiornarlo una volta l’anno, come per tutti da ora in poi.
Questa sarebbe stata la nostra situazione, poiché in effetti (dopo che l’opposizione ha portato almeno tre volte la questione in Consiglio), il Comune ha di nuovo commissionato la redazione di un PEC e ha pagato 10 mila euro la sua redazione. Peccato che lo tiene nei cassetti dallo scorso aprile senza approvarlo in Consiglio comunale e renderlo così operativo.
A questo quadro si aggiunga un particolare: a partire dalla giunta Tidei, il generale Martinelli aveva preparato un PEC. Con la giunta Bacheca ci ha riprovato, aggiornandolo. In ultimo aveva chiesto un computer e un impiegato per portarlo a termine, gratuitamente, ma invano.
Così dopo l’alluvione del 27 novembre 2015 il Comune di Santa Marinella sta affrontando la stagione a massimo rischio alluvioni senza PEC.

E questi sono i fatti.






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